Schopenhauer

 Vita


Arthur Schopenhauer nasce a Danzica nel 1788. A differenza di Hegel e Schelling, egli non è figlio di pastori protestanti, nemmeno di piccoli borghesi, ma di agiati commercianti. Il padre, un dotto anglofilo, lo indirizza al commercio: lo invia a studiare le lingue in giro per l’Europa.

Nel 1805, il padre muore suicida; la madre, una donna molto eccentrica, scrittrice di romanzi d’avventura dallo stile popolare, si trasferisce con il giovane Arthur a Weimar, dove tiene un circolo letterario alla moda e molto frequentato. Schopenhauer, grazie all’eredità lasciatagli dal padre, diviene ricco e può così dedicarsi alla propria formazione culturale, che è di carattere umanistico e scientifico. Studia a Gottinga con un maestro di Kant, Schulze, e a Berlino con il celebre teologo Schleiermacher.

Fra il 1814 e il 1818 scrive il suo capolavoro, “Il mondo come volontà e rappresentazione”, pubblicato nel 1818, che si rivela un grande insuccesso. 

Insegna come libero docente a Berlino, ma le sue lezioni sono deserte: tutti vanno a seguire quelle di Hegel e dei professori di stampo hegeliano, che egli inizia a odiare.

Si trasferisce a vivere a Francoforte solo con il suo cane; non si sposerà mai, fino alla morte, sopraggiunta nel 1860.

Nel 1844 pubblica una revisione de “Il mondo come volontà e rappresentazione”, ma il successo vero gli arriverà solo nel 1851, grazie a un’altra sua opera, i “Parerga e paralipomena”. Enorme sarà la sua influenza su grandi personaggi come Wagner, Nietzsche, Tolstoj e Freud.


Pensiero 

Il pensiero di Schopenhauer è fortemente influenzato dalle idee di Platone, con la sua teoria delle idee, dal Romanticismo, dalla filosofia orientale e dal criticismo di Kant.

È, infatti, la distinzione kantiana tra fenomeno (la cosa come ci appare) e noumeno (la cosa in sé) a costituire il punto di partenza del pensiero di Schopenhauer. Quest’ultimo pensa infatti di aver capito qual è la via d’accesso per il noumeno, cioè la realtà che si “nasconde” dietro l’inganno, l’illusione e la parvenza del fenomeno. Solo il filosofo capace di interrogarsi sulla sua esistenza e sull’essenza della sua vita, secondo Schopenhauer, può riuscire a squarciare il “velo di Maya” e superare l’apparenza. Secondo Schopenhauer inoltre la mentre filtra la realtà attraverso le forme a priori, ovvero lo spazio, il tempo è la causalità. Quindi la realtà in base all’individuo che la osserva subisce una deformazione e dunque ciò che vediamo non è la realtà ma la sua rappresentazione. A seguito di questi pensieri Schopenhauer disse “il mondo è la mia rappresentazione” e che la vita non è altro che un sogno. 



L’unico modo per rompere l’inganno del fenomeno è, secondo Schopenhauer, la possibilità dell’uomo di viversi non come intelletto o conoscenza ma come corpo. L’uomo, difatti, nel momento in cui non si rivolge alla realtà esterna utilizzando spazio, tempo e causalità con cui individuiamo e distinguiamo le cose del mondo (fenomeno) scopre che dentro di sé risiede la sua vera essenza, la sua cosa in sé: la volontà di vivere. Che è un impulso presente in tutti gli esseri viventi. Secondo Schopenhauer riconoscere che la vera essenza della realtà è la volontà, equivale a dire che la vita è dolore, è sofferenza perenne. Volere significa infatti desiderare ed il desiderio è mancanza di qualcosa, vuoto, dolore. Il piacere rappresenta solo una momentanea cessazione del dolore, il quale sopraggiunge nuovamente non appena è temporaneamente appagato.

Infinga tra il dolore è il piacere c’è la noia, il momento temporaneo in cui l’individuo ha soddisfatto i suoi desideri.




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